Incontri nella Luna piena – Ignazio Licata – Meta fisico siciliano
In diretta su internet
giovedì 9 aprile ore 21,30
http://www.oistros.it/lunapiena
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CI saranno tante persone che mi vogliono bene. Ci sarete anche voi. Grazie a tutti, a chi ha firmato la mia petizione, chi ha aperto gruppi su facebook sulla mia storia, a chi ha lavorato al film “Sognavo le nuvole colorateâ€, a chi ha lavorato con me in teatro, agli spettatori dello spettacolo “Kepuceâ€, a chi mi ha accolto, chi mi ha insegnato a parlare e a leggere, chi mi ha offerto la sua amicizia, grazie a chi mi ha sorretto con il suo sorriso, grazie ai giornalisti che si sono interessati a me, grazie ai miei compagni dei Centri con cui ho condiviso questa lunga storia comune… Grazie!
Ci vediamo Mercoledì 19 Novembre alle ore 20 al Cinema Santa Lucia di Lecce
fonte: http://www.edisonblog.tv
Ricevo e pubblico l’articolo scritto dal prof. Luigi A. Santoro
Che cosa nasconde il groviglio di parole prodotto dal decreto Gelmini? Davvero la posta in gioco è costituita dal grembiulino, dal voto in condotta, dal maestro unico, dalle classi speciali o ponte? E a queste ‘trovate’, giustamente, sono state aggiunte le sforbiciate più o meno pesanti ai finanziamenti per la scuola, l’università e la ricerca della finanziaria estiva. Le parole del decreto rivelano le (buone?) intenzioni del ministro e della sua maggioranza, ma cosa non dicono, velano, occultano? Non c’è bisogno di scomodare il Roland Barthes de Le Degré zéro de l’écriture, 1953, per scoprirlo. E’ sufficiente riflettere sull’etimologia del termine ‘decreto’. Dal latino de – cernere, separare.
Gli studenti, i docenti, le famiglie hanno cominciato a rendersi conto che dietro le parole del decreto ci stava la scuola della ‘separazione’, strumento indispensabile per costruire o giustificare una società della ‘separazione’. Perciò, fine della società (e della scuola) dell’accoglienza e dell’integrazione.
Bisogna riconoscere che non era impresa facile individuare oltre il miele del merito, della razionalizzazione, della lotta agli sprechi, della guerra ai fannulloni, il veleno di un modello di scuola e di società basato sulle separazioni, sulle esclusioni, sulle ghettizzazioni. E c’è del vero nelle parole del ministro quando afferma che non si tratta di una vera riforma, ma di semplice manutenzione della macchina parecchio malandata dell’istruzione pubblica, in parallelo con quelle del ministro Brunetta sulle condizioni altrettanto disastrose degli uffici statali, dalla giustizia alla sanità .Certamente è impresa molto ardua far funzionare una società (e una scuola) che mira all’integrazione, piuttosto che una società (e una scuola) che mira alla separazione.
Scuole per i ricchi e scuole per i poveri, ospedali per il poppolo e cliniche per i fortunati, ville per i nababbi e caseggiati per i diseredati… Le separazioni figliano altre separazioni: (linguistiche, religiose, culturali, razziali). Richiedono la costruzione di recinti sempre più specializzati, la delega a specialismi sempre più parcellizzati, l’attivazione di antagonismi orizzontali fra recinto e recinto e la contemporanea sterilizzazione del dibattito fra governati e governanti. Solo decreti. Decisioni che scaturiscono dalla testa dell’uno e si abbattono sui tanti.
Se la posta in gioco è questa, c’è poco da illudersi di poter fermare il processo con schermaglie parlamentari (che pure vanno fatte) e nemmeno con occupazioni e altre manifestazioni di dissenso (che pure vanno fatte); occorre riprendere il filo laddove si è spezzato; capire perché si è spezzato, come e con quali forze, se ci sono, è possibile riannodarlo. Il progetto, infatti, si fonda sulla convinzione da parte di Berlusconi e del suo governo che la società italiana si sia frammentata a sufficienza e che la maggioranza dei cittadini sia quindi pronta a vivere nei recinti regionali, linguistici, salariali, religiosi, razziali e così via, di separazione in separazione. Nel progetto: società frammentata, gestione accentrata del potere politico ed economico, pensiero unico plasmato dal capo e dai suoi strumenti mediatici la formazione occupa un posto chiave. La ragione per cui l’istituzione scolastica costituisce l’obiettivo privilegiato dell’attacco de questo governo è che, malgrado le carenze e le disfunzioni, è riuscita a reggere l’impatto con la diversità garantendo l’accoglienza dei disabili e degli stranieri, dei figli dei professionisti come dei figli dei disoccupati o dei precari. Che ai livelli più alti, dalla media superiore all’università , ha reagito alla globalizzazione utilizzando i progetti di mobilità europei, come Socrates ed Erasmus, ha accompagnato fino alla laurea migliaia di studenti disabili e ha esportato centinaia di ricercatori verso i più prestigiosi centri di ricerca del mondo.
Dobbiamo allora assolvere e tenerci abusi, sprechi , corruzione, favoritismi? No! Ma dobbiamo avere la lucidità e la determinazione giuste per riconoscere che queste pratiche purtroppo hanno tutti i colori politici. E, perciò, non sono sradicabili dall’attuale classe dirigente. Se i cittadini provassero a verificare il criterio del merito, auspicato da destra e sinistra, sui ministri del governo, ma anche su quelli del governo ombra – uno per uno- a cominciare dall’unto del Signore che perde il suo tempo a raccomandare le attricette, il quadro sarebbe di nera disperazione.
Quello che possiamo pretendere al momento è una risposta chiara e netta alla domanda: vogliamo una scuola (e una società ) basata sull’integrazione o sulla separazione?
A questo proposito può essere utile ricordare che il cammino verso la costruzione di una scuola (e di una società ) dell’accoglienza e dell’integrazione è partito, alla fine degli anni Sessanta, dal Sud, da un piccolo centro agricolo della provincia di Lecce, Cutrofiano, con la chiusura della scuola speciale e l’iscrizione di tutti i ragazzi disabili assistiti dal Centro AIAS nella scuola comune. Il cammino verso una società dell’esclusione è partito dal Nord industrializzato con la proposta da parte della Lega.delle classi speciali per i bambini extracomunitari. I giovani del Sud non possono e non devono sottrarsi al gravoso compito di ritrovare i capi del filo spezzato. La battaglia per estirpare tutte le mafie non avrebbe senso in una società della separazione. La società dell’accoglienza e dell’integrazione non è un lusso superfluo, è il cuore stesso della cultura del Mediterraneo e dell’intera Europa.
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